Ing. Clara Peretti, progettista e consulente dei progetti Necessaria e QUAES, qualità dell’aria negli edifici scolastici.
La qualità dell’aria negli uffici, nelle scuole, i livelli di CO2 negli ambienti chiusi e la conseguente riduzione delle performance cognitive. Ricambio dell’aria e purificazione, il ricircolo dell’aria: questi gli argomenti di cui parliamo.
Quali sono i problemi relativi all’aria malsana che affliggono le scuole e gli spazi di lavoro condivisi come gli uffici, e quali sono le possibili conseguenze sulla salute e sulla produttività?
Parlare di ambienti indoor, quindi ambienti interni… è sempre difficile cercare di farlo in modo generale, e non parlare per esempio delle scuole, oppure delle case. Io cercherò di farlo in modo un pochino generale per far passare il concetto.
All’interno degli ambienti respiriamo un’aria che può essere pulita, oppure può essere mediocre, oppure può essere molto, molto dannosa. In questo caso, mi riferisco per esempio agli inquinanti che hanno uno stretto rapporto con la salute: la formaldeide, oppure il radon, dichiarati cancerogeni. Di solito, però, pensando alle scuole, abbiamo un indicatore che è la CO2 che indica, per l’appunto, com’è la qualità dell’aria, e quindi ci guida per capire se all’interno di questi ambienti scolastici, ma anche per gli uffici, abbiamo una qualità dell’aria buona e quindi con concentrazioni di CO2 e degli altri inquinanti basse, oppure con concentrazioni elevate.
In ogni caso, pensando alla qualità dell’aria e al rapporto con la produttività, ci sono tantissimi studi che affermano che c’è una diretta proporzionalità: più peggiora la qualità dell’aria, più peggiorano anche le performance, quindi cala l’attenzione, aumenta un pochino la sonnolenza e, sia negli uffici che negli edifici scolastici, sicuramente diminuisce la produttività.
Quali sono i dati emersi da studi e ricerche che evidenziano il preoccupante stato della qualità dell’aria nelle aule scolastiche?
Anticipavamo prima del progetto “QUAES” che si è concluso l’anno scorso, e del progetto PNRR della durata di quattro anni “Necessaria” che invece è iniziato proprio a gennaio 2023. In entrambi questi progetti è stata valutata in tantissime classi la qualità dell’aria ed è emerso che, in assenza di sistemi di ventilazione meccanici, quindi lasciando agli studenti, agli insegnanti, la sola possibilità di apertura delle finestre, la qualità dell’aria è molto bassa.
Molto bassa significa che abbiamo determinato anche le concentrazioni che andavano sul fondo scala dello strumento, quindi ci siamo accorti che lasciare agli occupanti delle aule scolastiche la gestione della propria qualità dell’aria, non è una strategia efficiente. Quindi abbiamo dimostrato, proprio con i numeri, le concentrazioni, abbiamo determinato le concentrazioni degli edifici nuovi e degli edifici più datati, e siamo rimasti molto sorpresi nell’evidenziare che gli edifici nuovi hanno problematiche maggiori rispetto agli edifici scolastici vecchi, nei quali, un po’ grazie agli spifferi e anche a superfici vetrate più ampie, la qualità dell’aria era nettamente migliore.
In che modo la consapevolezza acquisita dopo la pandemia di COVID-19, riguardo alla trasmissione dei virus per via area, ha cambiato l’approccio della ventilazione degli ambienti condivisi?
Questo tema è in forte evoluzione. C’è stato un momento nel quale, a seguito dell’epidemia di COVID-19, c’è stata una grandissima attenzione, rivolta alla qualità dell’aria. Sono stati anche prodotti, forse anche un po’ di fretta, molti documenti interessanti, normativi, legislativi, che cercavano di porre rimedio a questa ondata di pandemia.
Purtroppo, a circa tre anni, due anni e mezzo di distanza dalla pandemia, adesso vediamo un momento di calo dell’attenzione rispetto a questo tema, anche perché, purtroppo, sono aumentati notevolmente i costi di riscaldamento, le materie prime, il gas, anche l’energia elettrica e, quindi, l’attenzione si è un po’ spostata. Quello che è importante evidenziare è che, a livello normativo, quindi anche a livello europeo, si sta fortemente valutando l’approccio di eventuali ulteriori e future pandemie, per tenerli in considerazione.
Un altro aspetto molto importante, più che la pandemia, possiamo anche pensare all’influenza normale. La provincia di Bolzano, ad esempio, dà delle prescrizioni di apertura delle finestre diverse in funzione del fatto che ci troviamo magari in una mezza stagione, nella quale non ci sono influenze stagionali, oppure in un periodo nel quale ci sono. Ad esempio, la proposta di questo progetto che è stato realizzato nelle scuole di Bolzano, è quella di differenziare le soglie di concentrazione CO2 e, se ci troviamo in un periodo “tranquillo”, quindi senza patologie respiratorie, tra le quali il Covid, ma anche l’influenza normale, oppure un periodo con queste patologie.
Ad esempio, le indicazioni, prescrizioni in questo progetto, che coinvolge tantissime scuole della provincia di Bolzano, sono di aprire le finestre quando il misuratore di CO2 segna i 1400 ppm, se siamo un periodo cosiddetto tranquillo; mentre, di aprirle a 1000 ppm, una concentrazione inferiore di 400 ppm, se siamo un periodo di influenza stagionale. In questo modo, riusciremo a diluire tutte le concentrazioni inquinanti e quindi anche tutte le patologie virali in una maniera molto più rapida.
Quindi questo significa che noi possiamo gestire un ambiente in modo differenziato, se siamo in presenza di un virus, influenzale o Covid o quelli futuri, oppure no.
Qual è la relazione tra i livelli di anidride carbonica CO2 nell’aria e la diminuzione delle prestazioni cognitive e della produttività negli ambienti di studio e di lavoro?
Il legame diretto, tra la produttività e le concentrazioni CO2 è ormai antico, potrei dire. I primi studi che hanno cercato di determinarlo e di quantificare questa correlazione, risalgono agli anni ’90, ’80, anche anni ‘70, in alcuni casi. È interessante capire l’approccio, quindi in primo luogo, che cosa viene determinato. Molto spesso vengono studiati gli uffici, perché alle persone, agli occupanti, ai lavoratori, spesso nei call center si può chiedere di fare delle semplici operazioni matematiche oppure anche, per esempio, battiture, insomma cercare di riprodurre un testo.
Cosa viene studiato, cosa è stato studiato anche nei più recenti studi? Le assenze dal lavoro, dalla postazione della propria occupazione, la postazione del lavoro, il fatto che non siano reperibili telefonicamente… Sono stati studiati i costi, le assenze per malattia, le pause e i tempi passivi, oppure ancora è stata auto valutata la propria produttività.
Gli aspetti importanti da evidenziare sono naturalmente che c’è una stretta connessione tra le portate di ventilazione e la produttività: raddoppiando le portate di ventilazione in un ambiente per uffici, la produttività passa dal 30% al 60%, quindi percentuali rilevanti. Un altro aspetto però importantissimo da evidenziare è che la qualità dell’aria è solo uno dell’ingredienti che partecipa a questa correlazione.
Quindi la produttività è anche legata al comfort termico, agli aspetti acustici e agli aspetti anche legati all’illuminotecnica: tutto quello che riguarda la qualità degli ambienti interni, nei quali però la qualità dell’aria è sicuramente uno degli elementi principali.
Quali sono le differenze fondamentali tra il ricambio dell’aria e la purificazione a ricircolo dell’aria, e in che modo il ricambio dell’aria può essere considerato una strategia irrinunciabile per migliorare la qualità dell’aria indoor?
Allora, l’approccio di ricambio dell’aria come unica strategia per garantire una buona qualità dell’aria, è stato ormai evidenziato e affermato, diciamo, c’è evidenza scientifica su questo. Durante il periodo Covid, c’è stata una grande produzione, una grande immissione sul mercato, di prodotti per la purificazione che volevano un po’ andare a tamponare anche in modo un po’ rapido le esigenze per quanto riguarda il Covid.
Intanto, per fortuna, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha emesso delle infografiche, anche dei documenti a supporto, nei quali evidenzia che un purificatore non può mai sostituire la strategia di ricambio dell’aria, tant’è che, nelle ultime infografiche, ci sono questi purificatori e accanto una finestra aperta.
Quindi, la strategia di purificazione mediante un elemento, diciamo con il suo cavo elettrico, inserito all’interno di un ambiente, ci si è accorti che è quasi dannosa, perché abbassa la guardia e il livello di attenzione rispetto alla qualità dell’aria. Naturalmente, il purificatore può servire in determinati ambienti critici, ambienti per esempio come gli ospedali, dove la qualità dell’aria deve essere filtrata e deve avere delle caratteristiche esattamente, cioè estremamente importanti.
È però fondamentale ricordare che nella scorsa estate è stato prodotto un documento importantissimo, un decreto che si intitola “Linee guida per la ventilazione nelle scuole”. Questo decreto afferma, in un capitolo proprio dedicato, che alcuni purificatori possono produrre dei sottoprodotti che, abbinati ad alcuni inquinanti già presenti negli ambienti tipici degli ambienti scolastici, possono ad esempio produrre formaldeide.
Questo significa che, non conoscendo gli inquinanti, composti organici volatili ad esempio, che si sviluppano all’interno di un ambiente scolastico, è troppo rischioso andare a utilizzare un purificatore. Proprio perché, per alcune tecnologie, l’abbinamento può produrre degli inquinanti anche dannosi proprio per la salute. Quindi questo ci fa capire che prima di tutto la strategia giusta è quella del ricambio dell’aria, meccanico, oppure, in assenza di altre tecnologie, aprendo le finestre, in modo intelligente, magari guardando un misuratore di CO2.
Dopodiché, questa strategia ribadisce anche il fatto che la strategia di utilizzare un purificatore per gli ambienti scolastici, può essere valutata, ma sicuramente deve essere ritenuta integrativa e non sostitutiva rispetto a ricambio dell’aria.